Flatlandia appunto (flat in inglese vuol dire piatto, piano),
i cui abitanti sono figure geometriche,che non capiscono né concepiscono
l'esistenza di altre dimensioni oltre alle loro, lunghezza e larghezza.
Questo romanzo mi ha molto colpito, perché io non avevo mai
immaginato né che potesse esistere un mondo con altre o meno
dimensioni del mio, né tanto meno che tutte le figure e
gli enti geometrici che ho studiato a scuola, come quadrati,
segmenti, punti, esagoni, potessero essere vivi e vivere in mondi tutti loro.
Il romanzo come l'aveva inteso l'autore doveva essere una satira e
una critica sulla rigida gerarchia della società dell'epoca,
ma io vi ho trovato anche altri significati: ad esempio una critica del razzismo,
perché a Flatlandia le figure irregolari vengono uccise solo in base
al loro aspetto esteriore,alla loro diversità,e nella fattispecie alla regolarità dei loro lati.
Oppure l'incapacità della gente di cambiare punto di vista:
infatti il protagonista, che è un quadrato, viaggia anche in altri mondi,
e anche in questi,come a Flatlandia,tutte le persone sono “appiattite” (gioco di parole)
sulla loro realtà imperfetta e sulla loro ignoranza dell'universo che li circonda.
Perfino la Sfera, la guida e il maestro del quadrato,nega l'esistenza di
una quarta, di una quinta o di una sesta dimensione, ipotizzata dal suo allievo.
Matteo Bontempo